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A seguito di un grave infortunio sul lavoro, il Tribunale di Venezia condannava l’amministratore unico di una società ai sensi dell’art. 590, comma 3, c.p. e la medesima società ai sensi dell’art. 25/septies del D.Lgs. 231/2001, comminando alla stessa, oltre alla sanzione pecuniaria, anche una sanzione interdittiva. In particolare, veniva contestato ed addebitato all’amministratore unico, quale datore di lavoro, la violazione dell’art. 29, comma 3, del D.Lgs. 81/2008 (Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro), consistente nel mancato aggiornamento del documento di valutazione dei rischi (DVR), e dell’art. 77, comma 3, del medesimo Testo Unico, consistente nella mancata consegna ai dipendenti dei dispositivi di protezione individuali (DPI).

Più precisamente, secondo il Tribunale giudicante, l’incidente sul lavoro era stato determinato sia dalla circostanza che non erano stati consegnati DPI idonei al tipo di lavorazione svolta dal dipendente poi infortunatosi sia dalla circostanza che non era stata effettuata una adeguata formazione, anche sotto forma di aggiornamento del DVR, in merito agli specifici rischi del processo produttivo in questione. La condanna della società veniva inoltre motivata, tra l’altro, con l’esistenza di un vantaggio in capo alla stessa (ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. 231/2001), rappresentato dal risparmio delle spese connesse all’acquisto e fornitura degli idonei DPI ed alle attività di formazione del personale anche attraverso l’adeguamento del DVR nonché dal maggior guadagno legato al mancato rallentamento che l’attività produttiva avrebbe altrimenti potuto subire con l’applicazione di condotte più contenitive del rischio in questione.

La doppia condanna veniva confermata dalla Corte d’Appello di Venezia con sentenza che i due imputati impugnavano dinanzi alla Corte di Cassazione.

La sentenza della Corte di Cassazione

La Suprema Corte (Sezione IV penale, sentenza n. 13575-20) ha confermato la sentenza di condanna a carico della società, annullando invece la condanna dell’amministratore unico della stessa per intervenuta prescrizione. L’art. 8, comma 1, lett. b, del D.Lgs. 231/2001 (che prevede la punibilità dell’ente anche in caso di estinzione del reato per prescrizione dell’autore del reato presupposto) ha quindi imposto alla Corte di valutare ugualmente, seppur in forma incidentale ed ai fini soli della responsabilità della società, il fatto già contestato al predetto amministratore.

Nel confermare tale condanna, la Corte conferma quindi alcuni rilevanti principi che continuano a rendere la sicurezza sul lavoro tra i reati presupposto da attenzionare maggiormente da parte degli enti societari tramite idonei modelli di organizzazione e gestione e un corretto operato del relativo Organismo di Vigilanza.

In primo luogo, connesso anche alla natura colposa del reato di lesioni derivanti da violazione di norme in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, la Cassazione ribadisce come il requisito dell’interesse o vantaggio richiesto dal D.Lgs. 231/2001 possa consistere anche in una forma di risparmio di costi e/o maggiore produttività; ciò posto e considerato che la gran parte delle condotte imposte dal Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro determinano, direttamente o indirettamente, un inevitabile costo così come un fisiologico rallentamento del processo produttivo, la presenza del predetto requisito dell’interesse o vantaggio dell’ente rischia di fatto di essere costantemente rintracciato in tali fattispecie.

In secondo luogo, la Suprema Corte, condividendo la motivazione della sentenza impugnata, conferma l’esistenza del nesso causale tra le menzionate violazioni del Testo Unico da parte del datore di lavoro e l’occorso infortunio del dipendente. In particolare, prosegue ad essere utilizzato un percorso logico di natura quasi presuntiva, secondo il quale:

(a) con riferimento alla mancata consegna di idonei DPI, se il DVR della società ciò prevedeva evidentemente tali dispositivi erano considerati quelli più corretti per la particolare lavorazione in questione, così che la loro messa a disposizione avrebbe contribuito in modo rilevante ad evitare l’incidente;

(b) con riferimento alla mancata formazione ed adeguamento del DVR in merito ad alcune specifiche fasi del processo produttivo, ciò avrebbe messo il dipendente nella oggettiva non conoscenza del rischio e delle idonee condotte contenitive dello stesso, ed anche ciò quindi avrebbe contribuito all’evento accaduto. A nulla sono invece valsi i tentativi della società imputata volti a dimostrare che, anche in presenza delle condotte omissive contestate al datore di lavoro, l’incidente sarebbe potuto accadere ugualmente.

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