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Nel decreto Rilancio, oltre alla proroga di ammortizzatori sociali, sussidi per autonomi e strumenti di conciliazione lavoro-famiglia (congedi parentali e permessi legge 104), ci sono novità  di rilievo anche per i contratti di lavoro,  per mantenere stabili i livelli occupazionali anche dopo la delicata fase 2 dell’emergenza Coronavirus.  Qualche esempio: 5 mesi di stop ai licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, riduzione di orario a parità di salario per seguire corsi di aggiornamento, rinnovo di contratti a termine senza obbligo di causale fino al 30 agosto, potenziamento dello smart working. Vediamo tutto.

Contratti a termine

Partiamo dai contratti a termine. L’articolo 93 del dl 34/2020 prevede che fino al prossimo 30 agosto siano possibili rinnovi e proroghe senza la causale, e senza la necessità che ci siano esigenze temporanee particolari determinate dall’andamento dell’attività. Detto in parole semplici, si possono rinnovare o prorogare i contratti a tempo determinato in essere alla data del 23 febbraio 2020 senza vincoli, fermo restando il tetto di 24 mesi (due anni) e di 4 rinnovi totali.

Per far fronte al riavvio delle attività, dunque, entro la data indicata è possibile rinnovare o prorogare i contratti a termine in essere quando è scoppiata l’emergenza, pur in assenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 81/2015, ossia: esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori, esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

Come detto, restano gli altri paletti previsti dal dl 81/2015, così come modificato dal decreto Dignità: il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale sia inferiore a 24 mesi, e, comunque, per un massimo di quattro volte nell’arco di 24 mesi a prescindere dal numero dei contratti.

Licenziamenti

Ci sono due diverse misure contenute nel decreto Rilancio: blocco licenziamenti per cinque mesi, incentivo al mantenimento dei livelli occupazionali attraverso sussidi pubblici.

Il blocco dei licenziamenti contenuto nell’articolo 80 del decreto proroga e amplia la misura già inserita nel Cura Italia. Innanzitutto, il blocco dei licenziamento per giustificato motivo oggettivo (motivi economici), che in base al Cura Italia (articolo 46, legge 18/2020) era previsto fino al 17 maggio, è prolungato di tre mesi portando il totale a cinque ( fino al 17 agosto). Sono bloccate anche tutte le procedure iniziate dopo il 23 febbraio e sono sospese le relative procedure di conciliazione avviate. C’è anche una nuova disposizione, in base alla quale i datori di lavoro possono chiedere la cassa integrazione con causale Covid 19 per i lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo fra il 23 febbraio e il 17 marzo 2020: in questo caso, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, senza oneri né sanzioni.

Aiuti statali per pagare gli stipendi

Come detto, c’è anche un’altra misura anti-licenziamento, contenuta nell’articolo 60 del decreto, che prevede un meccanismo di aiuti pubblici (da parte di regioni ed enti locali) che coprano per 12 mesi fino all’80% dei costi salariali di dipendenti che altrimenti sarebbero stati licenziati, con l’obiettivo di mantenere i livelli occupazione delle imprese e consentire loro la ripartenza dopo l’emergenza Coronavirus. Si tratta di misure che vanno attivate dagli enti territoriali, la sovvenzione può essere retrodata al primo febbraio.

Orario di lavoro

L’articolo 88 del dl prevede la possibilità di ridurre l’orario di lavoro usando le ore lavorate in meno per la formazione. Queste ore vengono indennizzate dallo Stato (il datore di lavoro risparmia,  il lavoratore incassa lo stipendio pieno e sostituisce ore di lavoro con ore di formazione). L’attuazione della misura è complessa perché la rimodulazione dell’orario deve essere prevista da accordi fra datori di lavoro e sindacati da inserire nei contratti di lavoro territoriali o aziendali. Per sovvenzionare la misura è creato un apposito fondo nuove competenze, gestito dall’Anpal (Agenzia nazionale per il lavoro) a carico del quale vanno le ore destinate alla formazione. E’ necessario un decreto attuativo ministeriale.

Smart working

Infine, una misura che riguarda una delle principali novità che il Coronavirus ha determinato sul mercato del lavoro, ovvero lo smart working. Premesso che questa le forme di lavoro agile e di lavoro a distanza continuano a essere privilegiate in tutti i casi che lo rendono possibile, in base ai protocolli controfirmati da imprese e sindacati per la fase 2 Coronavirus (annessi al decreto sulle riaperture dello scorso 17 maggio), il dl Rilancio prevede una misura specifica per i genitori. In base all’articolo 90 del dl 34/2020, per tutta l’emergenza Coronavirus i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14 hanno diritto allo smart working anche in assenza di accordi individuali. la norma non si applica nel caso in cui l’altro genitore appartenente al nucleo familiare sia non lavoratore, disoccupato, destinatario di cassa integrazione, sussidi o altri strumenti di sostegno al reddito. La prestazione lavorativa può essere svolta anche attraverso strumenti informatici del dipendente, i datori di lavoro devono comunicare al ministero i nominativi dei dipendenti in lavoro agile e la data di cessazione dello smart working.

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Il Fondo centrale di garanzia adegua le procedure per le startup con le semplificazioni previste dal Decreto Liquidità: le imprese costituite da non più di tre anni accedono alla garanzia del Fondo senza valutazione del merito di credito, non devo più coprire con mezzi propri il 25% del prestito, non devono inviare business plan e bilancio previsionale. Le nuove regole valgono per le domande presentate dall’8 aprile, entrata in vigore del dl 23/2020. Quindi, le startup che hanno presentato domanda di finanziamento a una banca chiedendo la copertura del Fondo, la otterranno con le regole semplificate in base al Dl Liquidità.

Decreto liquidità imprese: i prestiti per le PMI

L’articolo 13 del dl 23/2020 prevede, fra le altre cose, l’ammissione alla garanzia del Fondo, per prestiti fino a 5 milioni di euro, senza valutazione del merito di credito normalmente prevista per questa tipologia di imprese. Quindi, non sarà più necessario inviare al fondo il business plan redatto in base ai modelli di valutazione previsti dagli allegati 7 e 7 bis del regolamento del Fondo. Non è più richiesto neanche il bilancio previsionale.

In considerazione delle nuove regole sulla concessione delle garanzie, è eliminato anche l’obbligo, per le startup, di versare mezzi propri pari ad almeno il 25% dell’investimento. Infine, vengono meno i vincoli precedentemente previsti per la finalità dell’operazione: sono dunque ammissibili operazioni sia per liquidità sia per investimento.

Per quanto riguarda, infine, gli altri prestiti agevolati concessi con copertura del Fondo di garanzia (che possono arrivare fino a 5 milioni di euro), anche qui ci sono regole specifiche per le imprese costituite a partire dal primo gennaio 2019. La regole generale introdotta dal dl Liquidità è che, fermo restando il tetto di 5 mln, il prestito non possa superare uno dei seguenti requisiti.

Il 25% del fatturato 2019.

Il doppio della spesa salariale annua del beneficiario, sempre per il 2019 o per l’ultimo anno disponibile. Ebbene, questo requisito se l’impresa esiste dal 2019 cambia nel seguente modo: l’importo massimo del prestito non può superare i costi salariali annui previsti per i primi due anni di attività.

Il fabbisogno per costi del capitale di esercizio e per costi di investimento nei successivi 18 mesi, nel caso di piccole e medie imprese, e nei successivi 12 mesi, nel caso di imprese fra i 250 e i 499 dipendenti.

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Infezioni sul lavoro da Coronavirus: pubblicate faq sulla certificazione medica e sulla tutela dell’Inail

Con la circolare n. 13 del 3 aprile 2020 sono state fornite indicazioni sulle prestazioni garantite dall’Inail ai suoi assicurati in caso di infezione da nuovo Coronavirus di origine professionale.

Per chiarire i dubbi legati all’accertamento medico-legale e alla tutela assicurativa dei casi di contagio sul lavoro, sono pubblicate faq che rispondono alle domande più frequenti dalle modalità di riconoscimento dell’infortunio alle categorie di lavoratori per le quali vale la presunzione di esposizione professionale.

È possibile consultare le faq nell’allegato sottostante.

Faq sulla certificazione medica e sulla tutela Inail per infezione da nuovo Coronavirus Aggiornamento: 10 aprile 2020 (.pdf – 114 kb)

Infezioni sul lavoro da Coronavirus, chiarimenti sulla certificazione medica e sulla tutela dell’InailIl medico, come di norma, compila il certificato di infortunio solo sulla base degli elementi in suo possesso. Non è previsto nel certificato il campo dell’ora del contagio. Considerata la fase emergenziale, è stata accettata anche la certificazione di malattia redatta su modulistica Inps per i casi denunciati nel primo periodo di diffusione dell’epidemia

Circolare Inail n. 13 del 3 aprile 2020Sospensione dei termini di prescrizione e decadenza per il conseguimento delle prestazioni Inail. Tutela infortunistica nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro. Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”. Articolo 34, commi 1 e 2; articolo 42 commi 1 e 2, all’articolo 34, commi 1 e 2.

fonte: www.inail.it

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